Ormai da qualche anno vi raccontiamo i percorsi di accrescimento delle autonomie organizzati dalla nostra Fondazione presso la casa parrocchiale di Coviolo e di San Luigi, a Reggio Emilia: delle vere e proprie palestre di vita.
Allenarsi ad una vita il più possibile “autonoma” non significa soltanto imparare a farsi il letto da soli, cucinare qualche pasto e occuparsi delle faccende domestiche, che comunque restano abilità importanti, significa anche imparare a prendersi cura di se stessi, degli altri e dell’ambiente circostante.
Vorremmo quindi raccontarvi tutti i progressi che i nostri ragazzi e ragazze stanno facendo in questi 2 anni, e farvi emozionare insieme a loro per le sfide superate e le tante soddisfazioni raggiunte.
C’è chi ha dormito fuori casa per la prima volta, con tanta emozione e con una presenza “rassicurante e competente” nella stanza accanto. C’è chi sta dormendo da alcuni mesi senza nessun operatore presente, sapendo di poter contare sulla forza e il sostegno degli altri partecipanti del gruppo che, in caso di bisogno, possono aiutarti dandoti una mano.
C’è chi ha imparato a utilizzare i mezzi pubblici senza essere accompagnato dai propri genitori.
Grazie al sostegno reciproco dei propri compagni di avventure, l’idea di raggiungere da soli con il tram l’appartamento di Coviolo è diventata molto meno spaventosa. Per alcuni di questi ragazzi è stata una conquista sicuramente importante che ha permesso di accrescere la fiducia in se stessi e capire di potercela fare.
C’è chi ha imparato ad ascoltare i bisogni degli altri abbandonando i propri schemi abituali, accogliendo le esigenze e i desideri dei compagni anche attraverso piccoli doni e regali: un fiore, un giornale, una torta, piccoli gesti per fare felici gli altri.
Noi abbiamo invece scoperto in cosa consiste la forza del gruppo, basata sulla stima e la fiducia reciproca, sulla capacità dei nostri ragazzi di accettare le differenze, di includere e di trovare insieme soluzioni.
Le novità sono difficili da digerire, la convivenza può essere faticosa e può capitare di prendersela con con gli altri del gruppo. Quando succede può nascere un po’ di trambusto generale, ma i nostri ragazzi sono consapevoli del fatto che tutti possono sbagliare. Imparare a stare insieme, a vivere bene insieme, richiede un accrescimento non solo delle autonomie ma anche delle consapevolezze della propria e altrui fragilità e della propria e altrui capacità di prendersi cura gli uni degli altri, nella relazione, nell’ascolto, nel rispetto delle differenze.
Davanti a delle scuse sincere qualcuno risponde “lo sai che ti voglio bene”, qualcun’alto ricorda che “è importante imparare a rispettare i bisogni diversi che abbiamo, perché abbiamo disabilità differenti ma insieme possiamo farcela perché abbiamo tanto da dare” e le parole dei nostri ragazzi sono davvero un monito per tutti.